VITTORINA GEMENTI
VITTORINA GEMENTI: UN SORRISO DI DIO
(Note biografiche)
1. “Al Signore che ci dona la Vita noi rendiamo il dono fantastico della nostra Vita…”
Vittorina Gementi è stata una delle figure più significative della vita sociale, politica, educativa ed ecclesiale di Mantova ed è conosciuta soprattutto come fondatrice e animatrice della Casa del Sole, un’opera che dal 1966 si dedica all’educazione dei bambini e dei ragazzi portatori di handicap cerebrale. Le persone che l’avvicinavano erano immediatamente colpite dal suo sorriso e dai suoi occhi che facevano trasparire un’anima tutta di Dio, dalla dolcezza del suo parlare, dalla capacità di ascoltare e di entrare in sintonia con la persona con la quale colloquiava. Sapeva trasmettere la ricchezza interiore propria di un’anima che vive con semplicità ma con profondità la comunione con Dio.
Di lei non possediamo molti testi cui attingere per ricostruirne la personalità, ma c’è un manoscritto trovato dopo la sua scomparsa, non datato, però da collocarsi verosimilmente fra gli ultimi scritti che, per il carattere e la forma di testamento, vale la pena di prendere in considerazione (vedi alle pagine 19-21 di questo volume). In esso si trovano raccolti ed enunciati i principi, i valori, le intuizioni educative, umane, cristiane, quelle idee semplici e feconde che quando prendono corpo provocano una rivoluzione innovatrice e ardita, come fu quella operata da Vittorina nella realtà mantovana.
Una lettura attenta e ordinata ci permette di coglierne subito il principio animatore: la concezione della vita come dono fantastico se essa è “tutta impegnata nel servizio di promozione umana ai fratelli e di solidarietà concreta alle famiglie”. Vittorina aveva imparato che la vita è lo strumento “attraverso cui il Signore realizza il Suo Regno su questa terra” e che l’amore alla vita “non lo si predica ma lo si realizza nella fraternità e nella solidarietà, giorno per giorno, scegliendo sempre gli ultimi”. Intuizione profondamente cristiana e altamente sociale, attenta alla contingenza storica e alle istanze del momento.
Era molto chiara in lei una motivazione di giustizia concepita evangelicamente: si rende giustizia quando si dà a ciascuno secondo le esigenze della sua personalità. E’ una concezione che prende le distanze dall’enfasi illusoria che giustizia sociale significhi dare un servizio uguale a tutte le persone, anche se con esigenze diverse. Ed esigenze diverse, precise erano quelle dei bambini con handicap cerebrale, alle quali bisognava provvedere per recuperare al massimo possibile gli svantaggi e aiutarli a crescere armonicamente in mezzo agli altri, senza allontanarli dalle loro famiglie.
Troviamo qui un altro elemento interessante al quale la Gementi dava primaria importanza: la famiglia. Dalle famiglie, infatti, era stato posto il problema dei bambini handicappati e da loro era venuta la richiesta di soluzioni alternative agli internati o alla scolarizzazione selvaggia. Vittorina aveva maturato la coscienza dell’insostituibilità dell’ambiente familiare in campo educativo – terapeutico e viveva la preoccupazione che i genitori fossero persuasi della forza terapeutica del loro amore di papà e di mamma. Una duplice attenzione quindi: al bambino e alla sua famiglia, per un duplice intervento educativo: di valorizzazione promozionale globale di energie e di potenzialità della persona del bambino cerebropatico; d’informazione, sostegno e condivisione per le famiglie che da sempre, alla Casa del Sole, sono coprotagoniste nell’educazione.
Si è accennato all’intuizione profondamente cristiana dalla quale Vittorina ha attinto e dalla quale anche è nato il suo impegno e il suo servizio ai bambini cerebropatici. E’ fuori dubbio che non tenerne conto è precludersi alla comprensione e perdere di vista il movente, l’anima del suo essere e del suo fare. Potremmo spingerci più in là e affermare che in lei sono rinvenibili due atteggiamenti fondanti del vivere cristiano: la contemplazione e l’azione. Se una certa mentalità tende a confonderli o a contrapporli, sappiamo invece che l’uno non può stare senza l’altro. In Vittorina Gementi l’instancabile lavoro socio-educativo come delegata diocesana in Azione Cattolica, come insegnante nella scuola elementare, come assessore all’infanzia prima e come orto pedagogista alla Casa del Sole poi, nasce proprio da questa consapevolezza.
Uno scritto che porta la data dell’otto dicembre 1986 documenta con esemplare chiarezza quanto detto: “Continuiamo a vivere per lavorare con amore, scienza e sacrificio per i fratelli (…). L’Amore Misericordioso non fa mancare nulla ai Suoi Prediletti: i Bambini con handicap cerebrale. Noi però dobbiamo difendere i loro diritti alla crescita, alla promozione, alla libera espressione, all’educazione integrale e dobbiamo impedire ogni forma di manipolazione, di assistenzialismo, di paternalismo, di pietismo”. Fidarsi di una Provvidenza che non fa mancare nulla non significa solo affidarsi ad essa, ma impegnarsi concretamente con amore e scienza, connubio inscindibile nel “vocabolario pedagogico” di Vittorina
2. I primi anni, l’esperienza nell’Azione Cattolica, l’insegnamento nella scuola elementare e l’impegno politico.
Vittorina Gementi nasce il 17 febbraio del 1931 a Gambarara (frazione allora nel comune di Porto Mantovano, in seguito incorporata nel Comune di Mantova), prima di tre figlie, da Primo Gementi ed Evelina Varana. In un clima familiare vivificato da valori umani e cristiani e dall’attenzione verso gli ultimi, essa cresce portando a maturazione, con la creatività e l’intraprendenza sue proprie, quanto già aveva ricevuto come eredità domestica e sentendo molto presto di essere chiamata al dono totale di sé.
A Gambarara frequentò le prime quattro classi del corso elementare e proseguì poi l’intero arco della scuola presso il “Collegio del Redentore” delle Suore della Riparazione in Mantova, dove ottenne il diploma di abilitazione magistrale nel 1949. Fu questo il periodo in cui ella ebbe anche la possibilità di accostarsi attivamente, all’interno della sua parrocchia, al movimento laicale di Azione Cattolica cui aderiva già dall’infanzia.
All’inizio degli anni ’50 Vittorina, trasferitasi con la famiglia a Borgo Cittadella, iniziò la sua attività di catechista e di animatrice della Gioventù Femminile (G.F.), prima nella parrocchia come delegata delle Beniamine e delle Aspiranti e poi come delegata diocesana delle Sezioni Minori. In tale veste percorse la diocesi mantovana con un’instancabile e feconda attività formativa a livello dei gruppi parrocchiali e, nell’estate del 1958, diede inizio ai campi-scuola estivi a Dosso di Marmentino in Val Trompia. Nell’esperienza fatta nella G.F. di A.C., dove era stata giovanissima educatrice, Vittorina aveva imparato il valore della persona umana, di ciascuna persona umana, la sua dignità in quanto voluta da Dio ma anche la necessità di sollecitare ogni persona con un’azione educativa a svilupparsi e crescere secondo tutte le sue possibilità, in tutte le sue dimensioni.
L’attività educativa nella G.F. corre parallela e complementare all’attività d’insegnamento di Vittorina nella scuola elementare, iniziata nell’ottobre del 1951 quando, avendo vinto il concorso magistrale, venne nominata insegnante di ruolo presso la scuola elementare “Carlo Alberto” di Vasto, frazione del comune di Goito. Si trattava di una piccola e inospitale scuola di campagna con arredamenti ottocenteschi e intonaci screpolati per l’abbandono e l’umidità. Con la collaborazione delle colleghe, Vittorina lavorò in prima persona per rendere più accogliente la grande aula nella quale avrebbe dovuto stare con la sua pluriclasse: era per lei indispensabile l’armonia dell’ambiente per un’armoniosa educazione. Vittorina rimase a Vasto fino al giugno 1955, anno in cui venne trasferita a Villanova De Bellis con una nuova pluriclasse.
Il suo lavoro d’insegnante in scuole di campagna l’aveva avvicinata alle difficili situazioni di genitori che, durante il lavoro nei campi, erano costretti a lasciare incustoditi i figli più piccoli o ad affidarli alla cura dei fratelli più grandi. Questi bambini erano poi quelli che avrebbero frequentato la scuola e bisognava occuparsene perché potessero venire convenientemente assistiti e preparati in un ambiente a loro confacente. Collaborò dunque con costante interessamento affinché si istituisse, prima a Vasto nel 1954 e poi a Villanova nel 1961, la Scuola Materna, sino allora inesistente.
Proprio in quelle piccole scuole di campagna si presentarono a Vittorina i primi casi di bambini in difficoltà. La coscienza della problematicità della situazione la condusse a intervenire personalmente con iniziative di recupero individuale e ad approfondire le sue conoscenze attraverso consultazioni, studi, viaggi di studio e visite a scuole speciali e istituti medico-psico-pedagogici.
L’allora giovane maestra anticipava in prima persona l’operato che, a distanza di pochi anni, avrebbe esteso all’intera città di Mantova, nelle vesti di assessore ma con lo spirito dell’educatrice.
Nel novembre del 1960, su proposta di uno dei dirigenti di A.C., fu eletta consigliere comunale nella lista della Democrazia Cristiana. Cominciava così il suo impegno politico che, a diversi titoli e con diversi incarichi, continuò fino al 1980. Terminava però il suo incarico ufficiale in A.C. e l’attività nella scuola elementare. Nel 1962, infatti, fu esonerata dall’insegnamento e comandata come segretaria del Consorzio Provinciale dei Patronati Scolastici. In tale veste si adoperò per tenere viva la multiforme presenza assistenziale di tale Ente, che andava dal doposcuola alle refezioni scolastiche e agli aggiornamenti degli insegnanti.
A questa capillare attività si aggiunse, dall’agosto 1962, quella di Assessore del Comune di Mantova per i servizi relativi all’Assistenza all’Infanzia ed alle Scuole Materne.
Tra i problemi che subito le si presentarono vi era la gestione diretta comunale delle scuole materne, delle mense scolastiche e dei centri estivi. Grazie alle sue precedenti esperienze educative Vittorina aveva maturato la convinzione che, per ben operare, non bastavano gli “strumenti” da soli, ma era necessario un supplemento di umanità che scaturisse dal concetto di dignità della persona e dall’idea di assistenza come servizio. Su questa trama di valori, anticipazione del suo essere e operare educativo a servizio dei più deboli, presero forma concrete realizzazioni: un piano integrale di educazione morale e sociale, una maggior funzionalità degli ambienti delle scuole materne, la dotazione di moderni sussidi didattici, i corsi di qualificazione per le insegnanti, l’istituzione di nuove sezioni nelle scuole già esistenti e l’apertura di nuove scuole materne, l’organizzazione del servizio medico, una più oculata igiene scolastica, la ristrutturazione della colonia montana di Baselga di Piné, la refezione scolastica per gli alunni della scuola elementare e media, il servizio gratuito di trasporto, la riapertura e strutturazione dei campi gioco e l’istituzione di quattro classi differenziali per bimbi caratteriali e minorati psichici.
I risultati conseguiti “con spirito di servizio”, se da una parte furono una legittima soddisfazione per chi sentiva la propria responsabilità di servizio civico, dall’altra furono uno stimolo per la realizzazione di “ampie prospettive” per il futuro, prospettive che costituivano un’impegnativa meta sociale. Queste bussarono alla porta dell’assessore Gementi attraverso la voce dei più indifesi: i minori disadattati. Vittorina si trovò allora coinvolta sul piano dell’intera città in quel problema che già aveva incontrato nella sua esperienza di maestra e che l’aveva condotta a intraprendere iniziative personali di recupero e di approfondimento scientifico.
Le “ampie prospettive” cominciavano a prendere forma nel germe iniziale di un’opera (la Casa del Sole) che avrebbe avuto, di lì a poco, una vasta risonanza a livello nazionale ed europeo. L’istituzione doveva essere sorretta, oltre che da competenza medica, anche dalla razionalità dell’agire educativo. Così, con l’avvio dell’attività alla Casa del Sole, Vittorina approfondì ulteriormente le sue competenze e i suoi studi. Nel dicembre 1966 si iscrisse alla “Scuola per la preparazione del personale insegnante ed assistente degli anormali” presso la sezione bresciana dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, dove si diplomò nel 1968. Si iscrisse anche alla facoltà di pedagogia, prima, e di psicologia poi, rinunciando però dopo pochi esami.
Il bisogno e il desiderio di conoscere erano per lei nuovi non tanto nelle intenzioni quanto piuttosto nelle modalità che non poterono esplicarsi (almeno per ciò che riguarda il proseguimento delle facoltà) verosimilmente per il grosso impiego di energie che richiedeva l’avviarsi della Casa del Sole e per le accresciute occupazioni civiche e sociali. Vittorina, infatti, ricopriva ancora l’incarico di assessore all’infanzia e, dal 1965 al 1970, anche quello di vice sindaco di Mantova, prima donna a raggiungere tale carica. Venne poi nominata rappresentante del Comune in seno al Consiglio Scolastico Provinciale per il triennio 1965-68 e in seno al Consiglio Provinciale dell’ONMI per il quinquennio 1967-71. Dal 1966 ricoprì l’incarico di Commissario di nomina ministeriale dell’Ente Nazionale Morale per la Protezione del Fanciullo. All’inizio degli anni ’70 cominciò anche a collaborare con il Tribunale dei Minori di Brescia, da cui ottenne la nomina a Tutore dei minori in “affidamento preadottivo” e dei minori allontanati dai nuclei familiari problematici.
L’interessamento al problema dell’handicap per Vittorina non fu quindi improvviso, ma nacque dal cuore sensibile e attento di una giovane insegnante che aveva incontrato nelle sue classi bambini con difficoltà e aumentò con l’accrescersi della consapevolezza circa il disagio profondo delle famiglie con un figlio handicappato e la totale inadeguatezza delle strutture pubbliche deputate all’inserimento di questi bambini. Fu limpida l’intuizione del fine cui tendere attraverso l’opera promozionale di assistenza: far emergere nei soggetti in situazione di svantaggio la luce dello spirito che per natura è già in loro. Si tratta di dare al minore con handicap la possibilità di sentirsi uomo, di esperire l’umano attraverso un’esistenza che trascende la vita corporea per entrare nella sfera dello spirituale.
Infine è interessante rilevare come Vittorina non si fosse limitata a creare per i bambini handicappati una struttura di cui Mantova aveva bisogno; ne fu anche l’anima pedagogica, dotata di quell’amore pensoso, carico di ragione e di competenza che sa investire le risorse di una vita che è sempre un grande dono di Dio.
3. La Casa del Sole.
L’urgente necessità di una struttura idonea per il recupero dei bambini con handicap cerebrali, di cui la Gementi si era fatta promotrice e mediatrice, trovò lo sbocco favorevole alla sua realizzazione negli anni 1965-66 quando l’allora vescovo di Mantova, mons. Antonio Poma, le mise a disposizione un vecchio edificio di proprietà della Mensa Vescovile (la Villa dei vetri) presso San Silvestro, piccola frazione del Comune di Curtatone, a cinque chilometri dalla città. L’edificio, per essere reso agibile, necessitava di una considerevole opera di ristrutturazione. Sorsero pertanto i primi problemi per affrontare e superare i quali venne istituito un Comitato promotore di un Consorzio fra enti (30 settembre 1965). Gli enti coinvolti furono: l’Amministrazione Provinciale di Mantova, il Comune di Mantova, l’Amministrazione Attività Assistenziali (A.A.I.), la Camera di Commercio Industria e Agricoltura, l’Opera Diocesana S. Anselmo e la Mensa Vescovile.
Il Consorzio venne costituito con la durata di quindici anni e venne approvato con Decreto prefettizio nel novembre 1965. L’opera da esso fondata e gestita assunse la denominazione di Istituto Medico-Psico-Pedagogico “Casa del Sole”.
Il Consorzio si proponeva: l’intervento precoce e specifico (l’istituzione di classi speciali per bambini in età prescolare dai 3 ai 6 anni rappresentava una novità assoluta, per quei tempi), il rifiuto dell’internato, l’importanza della collaborazione con le famiglie, l’insostituibilità del lavoro d’équipe, la preparazione all’inserimento nel mondo del lavoro. Tutto ciò si fondava sulla coscienza della grandezza del dono della vita nella convinzione che l’handicap non diminuisce la dignità della persona umana.
L’attività della Casa del Sole (preparata da un corso Montessori tenuto nell’estate 1966 nella sede della nascente opera e da un corso Montesano) iniziò ufficialmente il 10 ottobre 1966 con tre sezioni di scuola materna e cinque di scuola elementare per un totale di 58 bambini.
A partire dal 1968 ebbe inizio un notevole ampliamento di strutture e servizi. Grazie ai contributi offerti da diversi privati si costruì un primo nuovo padiglione destinato a ospitare i servizi del Centro medico: ambulatori, palestre e aule per bambini sordastri. Fin dall’inizio la Casa del Sole si propose di dare una risposta che non fosse soltanto di tipo scolastico e perciò settoriale, per cui, accanto alle caratteristiche proprie della scuola speciale, erano presenti già altre risorse e altri strumenti integrativi: si costituì un’équipe medico-psico-pedagogica di cui facevano parte un neuropsichiatra, uno psicologo, un pedagogista, un’assistente sociale e vari terapisti (logopedista, terapista occupazionale) e che si avvaleva della collaborazione di clinici specializzati. Nel 1969 si aggiunse il servizio di fisioterapia.
Un’altra novità di quegli anni fu l’apertura della scuola media e del corso popolare maschile, che rispondevano al bisogno dei bambini e dei ragazzi che continuavano ad aumentare (a distanza di 4 anni il numero dei bambini era quadruplicato: nel 1969-70 erano diventati 202).
Col crescere delle strutture (si arrivò entro il 1975 a un totale di 8 padiglioni) si ampliavano e si consolidavano anche altri apporti di tipo terapeutico – educativo. Iniziarono le prime impostazioni della psicomotricità, si cominciò il trattamento di idroterapia e, a partire dal 1980-81, si fece strada la proposta della musicoterapia. Si realizzava così un trattamento specifico, educativo e riabilitativo utilizzando gli strumenti tecnici scientificamente più aggiornati in una condizione che permetteva la permanenza del bambino nel proprio nucleo familiare. L’obiettivo era l’integrazione delle componenti affettive, intellettive e relazionali del bambino, quindi la conquista di equilibrio, armonia e maturazione globale. Si era così delineato quello che fu definito “trattamento pedagogico globale”.
Nel maggio 1972 ebbe inizio un’agitazione messa in atto dal personale insegnante della scuola speciale statale interna all’istituto, che chiedeva una modifica dell’orario lavorativo. Se la richiesta fosse stata accolta sarebbe venuta meno, per i bambini, la continuità della presenza della figura di riferimento, uno dei fondamenti del trattamento pedagogico globale. Il Consiglio d’Amministrazione della Casa del Sole pertanto rifiutò a maggioranza tale richiesta. L’agitazione allora crebbe, si complicò caricandosi di altri motivi di contrasto e ben presto dilagò coinvolgendo tanto l’ambito scolastico quanto quello sociale e politico. Il caso giunse anche in Consiglio Comunale nel quale, dopo lunghi e burrascosi dibattiti, si arrivò a rivendicare il primato operativo (nel settore degli handicappati) dello Stato, delle Regioni e degli enti pubblici periferici.
In questo clima di diffuso malessere le autorità scolastiche allontanarono Vittorina dal suo incarico legale di maestra orto pedagogista e di coordinatrice delle équipe e dei servizi della Casa del Sole. Il fatto ebbe grande incidenza sul funzionamento dell’istituto. I genitori dei bambini frequentanti la Casa del Sole si ribellarono al provvedimento e decisero di tenere a casa i loro figli sino a quando non fosse stata riaffidata alla signorina Gementi la presidenza e la direzione pedagogica della Casa del Sole. Seguirono a questa iniziativa “picchettaggi”, assemblee permanenti dei genitori, occupazioni della scuola, manifestazioni di piazza e invii di telegrammi all’allora ministro della pubblica istruzione On. Scalfaro per chiedere il suo intervento.
Si trattò di un periodo particolarmente “acceso” di dibattiti e trattative. L’invio da Roma di un Ispettore ministeriale per esaminare la situazione servì solo a una momentanea distensione e il ritorno dell’istituto alla sua normale attività rimase un desiderio. I genitori continuarono a tenere a casa i bambini e si costituirono in assemblea permanente fino a quando Vittorina (dopo il temporaneo comando all’Ente Nazionale Morale per la Protezione del Fanciullo) venne nuovamente assegnata alla Casa del Sole.
L’amara esperienza delle vicende legate all’andamento della scuola elementare statale annessa alla Casa del Sole indusse Vittorina alla scelta dell’istituzione di classi parificate, fatto che aggravò l’attrito: Vittorina fu aspramente attaccata sul piano politico e personale dagli enti pubblici (Comune e Provincia) e dalle forze politiche di sinistra, chiaramente schierati sul piano ideologico dell’inserimento. Il “dissenso politico” espresso il 28 settembre 1973 dal Consiglio Comunale nei suoi confronti circa l’istituzione di 15 classi parificate e l’accettazione di tale atteggiamento da parte degli amici consiglieri della Democrazia Cristiana la indussero a dimettersi dal partito. La conferma del dissenso con il partito della D.C., relativo alle sue modalità di gestione a Mantova, non mutò tuttavia la sua posizione di rappresentante del Comune in seno alla Casa del Sole.
Tale scelta, pur sofferta, permise a Vittorina di mettere il Consiglio d’amministrazione dell’opera nelle condizioni di prendere decisioni secondo lo Statuto e nell’interesse dei bambini, anziché seguire decisioni politiche contrarie all’uno e agli altri. La triste vicenda politica l’avrebbe condotta più tardi, nel 1975, a dar vita a una propria lista civica, “Rinnovamento”, sostenuta da chi aveva condiviso e creduto nel suo operato e che la riportò sui banchi del Consiglio comunale per la legislatura 1975-1980.
Lo scossone di quegli anni lasciò i segni: la Casa del Sole, che nel 1973 era frequentata da 330 bambini, vide gradualmente ridursi la loro presenza; tuttavia essa poté proseguire sui binari dei primi anni. E’ evidente che il cercare di mantenere una propria fisionomia significava, per la Casa del Sole, distinguersi dal generale panorama ideologico – operativo che sembrava opporsi a strutture simili a quella che essa rappresentava. In quella congiuntura gli Enti locali, che già per se stessi contrastavano con l’operato della Casa del Sole, si dimostrarono solidali all’opinione diffusa dell’inserimento. Perciò, giunti al termine della Convenzione che regolava la partecipazione dei vari enti al Consorzio di gestione, si fece strada la comune convinzione che non ci fossero più le basi per assicurare la prosecuzione della gestione consorziale e pertanto, a larga maggioranza, nel 1980 fu deliberato lo scioglimento del Consorzio con qualche tempo d’anticipo sulla scadenza naturale.
La via alla soluzione per la gestione della Casa del Sole dopo lo scioglimento del Consorzio fu individuata nella formazione di un’Associazione per la quale era necessario trovare persone che fossero disponibili a condividere il medesimo ideale e a dare la loro rappresentatività come soci. Vittorina scelse personalmente coloro che l’avrebbero costituita. Oltre alle novità istituzionali conseguenti a tale scelta, determinante fu l’ampliamento della finalità che ci si proponeva. Con l’apparire di nuove tipologie di handicap, di bambini e ragazzi aventi necessità specifiche di interventi particolareggiati e di bambini in situazione grave e gravissima si andò allargando e consolidando in modo consistente la struttura terapeutico – riabilitativa.
Il passaggio dalla gestione consorziale a quella associativa necessitava di un riconoscimento che non poteva essere ottenuto in ambito scolastico, bensì in ambito socio-sanitario. Per questo le caratterizzazioni sopra citate dovevano essere chiare, inequivocabili e soprattutto aderenti alle richieste della Regione che nel 1980 promulgò, con Decreto regionale, il riconoscimento giuridico dell’Associazione come Ente Morale e nel 1986, con legge regionale, riconobbe alla Casa del Sole la qualifica di Presidio multizonale di riabilitazione.
4. Il Centro Solidarietà, il Gruppo Famiglia e il Centro Accoglienza.
La Casa del Sole non fu l’unica istituzione creata da Vittorina per dare risposta ai bisogni delle persone con handicap e delle loro famiglie. Già nel novembre del 1977 poté iniziare l’attività un nuovo Centro rivolto ai bambini con atrofia cerebrale profonda: il “Centro Solidarietà per bambini cerebropatici gravissimi”. Questo nuovo Centro trovò la sua prima sede nella Casa delle Suore Ancelle della Carità, in viale Pompilio a Mantova, di fronte all’ospedale civico, in alcuni locali messi a disposizione di Vittorina. In seguito fu trasferito a San Silvestro, accanto alla Casa del Sole, in una sede appositamente studiata e preparata.
Come Vittorina stessa riferisce, già da diversi anni si sentiva sollecitata ad allestire una struttura adeguata per accogliere questi bambini. Essa tuttavia aveva sempre rimandato la realizzazione di tale progetto in quanto era cosciente che, per offrire a questi bambini non una semplice assistenza, ma un’opera di promozione umana seppur nei limiti delle loro gravissime compromissioni, avrebbe dovuto disporre di educatori altamente specializzati sul piano professionale e fortemente motivati e preparati sul piano umano.
L’opera poté realizzarsi quando, nell’agosto del 1977, Vittorina ebbe la certezza di disporre per tal fine di alcune suore della Congregazione delle Ancelle dell’Amore Misericordioso di Collevalenza (presso Todi, in provincia di Perugia). Il rapporto di Vittorina con la fondatrice di quest’ordine, Madre Speranza di Gesù Alhama Valera, era stato molto forte fin dalle origini della Casa del Sole e la sua spiritualità esercitò una notevole influenza sulla Gementi.
Dal punto di vista giuridico il nuovo servizio non fu affidato alla gestione del Consorzio (che in quegli anni amministrava ancora la Casa del Sole) ma venne gestito da un’Associazione. Diversa era la natura, diversi erano i soggetti di interesse e diversi i fini rispetto alla Casa del Sole. Si trattava, infatti, di mettere in atto una filosofia d’intervento con una propria specificità, non più in termini di “recupero” o di “guarigione”, ma di assistenza, intesa nel suo originario significato di “umano stare accanto” e di “prendersi cura”.
Alla fine degli anni settanta cominciava ad emergere una nuova realtà problematica: il futuro dei ragazzi che venivano dimessi dalla Casa del Sole al compimento del sedicesimo anno d’età.
La soluzione a questa necessità fu resa possibile (limitatamente alle ragazze dai 16-17 anni in avanti) grazie alla donazione, da parte della signora Dora Montani, di un appartamento nel prestigioso Palazzo Valentini, collocato proprio nel cuore di Mantova. La signora Dora e il marito, generale Mario Capello, nel 1970 avevano già donato alla Casa del Sole una splendida villa con parco sul lago di Garda (Villa Dora), utilizzata dal Centro per turni di soggiorno climatico. Ora essi, visitando il Centro Solidarietà, avevano conosciuto la realtà dei bambini cerebropatici gravissimi, si erano commossi profondamente di fronte ai loro genitori e chiesero con insistenza se era possibile anche a loro di fare qualcosa di bene. Nacque così il “Gruppo Famiglia” che iniziò la sua attività il 16 novembre del 1981.
Le due caratteristiche che ne delinearono la fisionomia furono: lo stile familiare di programmazione e conduzione e una proposta educativa finalizzata al raggiungimento della massima autonomia e sicurezza possibile nel proprio ambiente familiare e sociale. Tutto l’intervento era svolto in stretta collaborazione con le famiglie.
Le ragazze potevano frequentare il Gruppo per quattro anni, dopo di che venivano inserite o in attività lavorative calibrate sulle loro possibilità, oppure nelle rispettive famiglie per lo svolgimento di attività domestiche.
Con la creazione del Gruppo Famiglia la Casa del Sole, sorta per dare risposte alle persone cerebrolese limitatamente all’età evolutiva, si proiettava nel campo dell’handicap adulto.
A distanza di due anni circa dalla nascita del Gruppo Famiglia, nel 1983, si formava, con la medesima finalità promozionale, il primo nucleo del “Centro Accoglienza”, una nuova proposta educativa per giovani in situazione di svantaggio psicofisico dai 20 anni in avanti. Il nuovo Centro prendeva sede, per volontà testamentaria della signora Dora Montani, nell’appartamento a pian terreno dello stesso Palazzo Valentini dove, al primo piano, era già collocato il Gruppo Famiglia. La strutturazione di tale Centro si differenziava da quella del precedente fondamentalmente per cinque motivi:
1) la diversità di età. Il Centro Accoglienza accoglieva persone comprese più nell’età adulta che in quella adolescenziale, come invece avveniva per il Gruppo Famiglia;
2) la diversa tipologia dell’handicap. Mentre la condizione delle ragazze accolte al Gruppo Famiglia permetteva loro un certo tipo di autonomia, sia nell’ambiente familiare sia in quello sociale, quella delle giovani accolte al Centro Accoglienza era certamente più compromessa e limitata;
3) la gestione autonoma del servizio e dell’attività educativa. A differenza del Gruppo Famiglia, il Centro Accoglienza era gestito in modo autonomo e sganciato da ogni legame con la Casa del Sole, pur essendone sempre Vittorina l’anima. Inoltre, l’attività educativo – promozionale veniva condotta da un gruppo di volontarie, per lo più conoscenti e amiche di Vittorina stessa;
4) l’organizzazione del servizio. Il Centro rimaneva aperto solo il mattino, mentre il Gruppo Famiglia osservava l’orario dalle 9 alle 16;
5) il diverso limite di durata: mentre per il Gruppo Famiglia il tempo di permanenza era limitato a quattro anni, per il Centro Accoglienza non vi era alcun limite di durata.
Si aggiunga a questi motivi anche la diversa radice motivazionale: mentre il Gruppo Famiglia era nato come logica conseguenza di un servizio inteso in un’ottica di continuità con quello della Casa del Sole, il Centro Accoglienza sorgeva come risposta all’appello di molte famiglie che venivano a trovarsi sole e impreparate davanti al problema dell’handicap delle proprie figlie ormai adulte.
5. Il ritorno delle suore Clarisse nella diocesi di Mantova.
Non è possibile concludere questa breve presentazione della vita di Vittorina Gementi senza accennare a un’altra sua significativa impresa: l’aver ottenuto il ritorno nella Diocesi di Mantova (che da circa duecento anni ne era priva) di una comunità di clausura femminile.
La prima testimonianza scritta di cui siamo a conoscenza riguardo a questa sua aspirazione risale al settembre del 1968: in una lettera a lei diretta un’amica Carmelitana l’informa d’aver parlato con il Padre Provinciale di questo suo desiderio e di averlo trovato ben disposto a prenderlo in considerazione nonostante le difficoltà di realizzazione che già s’intravedevano. Vittorina si era rivolta inizialmente alle Carmelitane sia perché alcune sue amiche erano entrate in quell’ordine sia perché si sentiva molto vicina a quella spiritualità (secondo una testimonianza fu di grande importanza per la sua vita spirituale la lettura della biografia di S. Teresa d’Avila).
Con i superiori dell’Ordine furono valutate alcune possibilità di ricavare un monastero nell’ambito della città di Mantova ma non si riuscì a trovare una soluzione che garantisse il rispetto delle regole claustrali. Vittorina indirizzò allora la sua proposta ad alcuni monasteri di suore Clarisse, che si dimostrarono interessati e accettarono di verificare le reali possibilità di attuazione.
Nel frattempo nell’anima di Vittorina si andava definendo con sempre maggiore evidenza il significato di questa intuizione: si trattava di completare l’opera della Casa del Sole con una comunità dedita alla preghiera per sostenere gli educatori nella loro opera educativa e le famiglie nelle loro sofferenze e per offrire alla Chiesa una testimonianza di unità tra impegno pratico e contemplazione. In una lettera del dicembre 1981 diretta alla Superiora del Monastero di San Fidenzio presso Verona, mentre stavano oramai procedendo i lavori per adattare una parte del complesso della Casa del Sole a ricevere un primo gruppo di suore, affermava: “Godo al pensiero della realizzazione dell’Opera di Dio, testimonianza d’amore: prima i Bambini, i suoi gioielli, poi le sue spose in costante preghiera e rinuncia [le suore di clausura]; poi le sue spose in servizio attivo [le Ancelle dell’Amore Misericordioso in servizio presso il Centro Solidarietà] poi i laici in servizio attivo [gli educatori e i volontari], e tutti uniti nel Suo Amore in preghiera d’offerta, di sacrificio e di ringraziamento, per testimoniare al mondo che Lui ci ama e che la Vita è un Suo dono meraviglioso, da impegnare quaggiù sulla terra al servizio dei fratelli per renderla ancor più meravigliosa e gioiosa lassù, nella Casa del Padre, dove sempre è Festa”.
Vittorina era così convinta della necessità che tale progetto si realizzasse da giungere a offrire al Signore la sua stessa vita purché la comunità di suore contemplative potesse arrivare a stabilirsi presso la Casa del Sole.
Finalmente il 15 novembre del 1987 tre suore Clarisse, offerte dalla Federazione del Veneto – Emilia Romagna come avanguardia di una comunità più numerosa, entrarono ufficialmente nella Diocesi di Mantova prendendo dimora a San Silvestro, presso il Centro Solidarietà. Il sogno di Vittorina si era infine realizzato: l’opera di Dio, la Casa del Sole, era ora completa sotto tutti gli aspetti e anche la missione di Vittorina su questa terra si era forse conclusa. Infatti, il 3 giugno del 1989, dopo aver subìto nell’agosto del 1987 un severo intervento chirurgico per una grave malattia, entrò “nella Casa del Padre, dove sempre è Festa”.
(NOTA: questo testo è, nella sua massima parte, una riduzione da: Ivana Lanzanova, Vittorina Gementi e l’elogio della vita alla Casa del Sole, tesi di laurea – Università Cattolica del Sacro Cuore, Sede di Brescia; anno accademico 1994-95. Il testo integrale è reperibile presso la Casa del Sole. La riduzione è stata realizzata, con il consenso dell’autrice, da Luciano Fabbri, che di suo ha aggiunto il paragrafo 5).